"Ogni buon artista dipinge ciò che è (…)" [Jackson Pollock, 1955]
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FOCOLARE DOMESTICO
24 Giugno 2016
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Autore: Leopapp Titolo dell’opera: FOCOLARE DOMESTICO . Dimensioni h. 48 d. 55 cm. Anno di produzione: 2016 . Tecnica Mista acrilico su juta e materiale ferroso.
PROGETTO MOSTRA “ MADE IN ITALY”
L’idea della mostra Made in Italy, nasce nel 2015 in maniera del tutto casuale, dall’incontro/ rinvenimento a Napoli (in zona Fuorigrotta), quando vicino ad un cassonetto dei rifiuti vidi questo busto acefalo e dovetti fare a gara sul tempo con altri soggetti stranieri che lo avevano notato per impossessarmene prima di loro. Successivamente scopri che seppure privo di testa, aveva un nome scritto vicino alla base “Giulio Cesare” . Fu questo l’incipit per avviare questo progetto che spazia volutamente tra eterogenei generi pittorici e tendenze ed ha come matrice, l’utilizzo della bandiera italiana con i suoi colori: verde, bianco e rosso: vessillo per decenni di eccellenza, di nobili valori e tradizioni in ogni campo, riconosciuto a livello mondiale .
Alla cultura ed alla storia millenaria della nostra Penisola, le altre nazioni hanno sempre guardato con ammirazione ed interesse, divenendo fattore di costante ispirazione. La figura dell’imperatore Giulio Cesare, così come appare rappresentata, deturpata, mozzata, oltraggiata, vuole richiamare l’attenzione sulla centralità della tutela e cura del nostro patrimonio archeologico, storico, artistico e culturale, fattore che da solo potrebbe costituire una enorme risorsa anche in termini economici per il sistema Paese e che non trova da parte della Polis e delle Istituzioni adeguata tutela e promozione .
Cosi è nata l’idea di dare nuovo vigore a questa patria a questo Paese, usando come rappresentazione esclusivamente il tricolore, la nostra bandiera che dovrebbe rappresentare una identità nazionale forte, decisa, convinta, un made in Italy,. fatto di eccellenze in tutti i campi, di bellezze uniche al mondo, che andrebbero solo preservate e valorizzate.
Ulteriore filo conduttore è stato quello di scegliere di realizzare le opere esclusivamente con materiali riciclati, sacchi di juta che contenevano chicchi di caffè , tele recuperate, materiali usati proprio a voler dare nuova vita e funzione agli stessi, senza bisogno di consumare altri prodotti anche per una sorta di spirito ecologista che non guasta mai!!!
La mostra si sviluppa con una serie di quadri che andrebbero uniti, assemblati insieme a comporre una unità territoriale una specie di mari e monti della nostra patria “tricolore a triangolo 1” e “tricolore a triangolo 2” che ha il volto mutevole della montagna e del mare ed altri che andrebbero a comporre una figura femminile “tricolore donna pezzo sopra” e “tricolore donna pezzo sotto” simbolo della madre Patria in un’accezione più arcaica . Seguono poi due tele che appaiono vicine ma che vanno tenute distinte “usurai & usurati” rappresentate dai calchi delle impronte di colore realizzate dalle cravatte premute sulla tela. Il tutto a voler distinguere chi strozza prestando denaro a tassi d’interesse più alti rispetto a quelli previsti dalla legge al soggetto che versa in difficoltà economica ma anche a rappresentare le tante situazioni in cui a volte le banche e gli istituti finanziari approfittano della loro posizione di egemonia nei confronti dei loro clienti, hanno modo di truffarli proponendo operazioni finanziare poco trasparenti o forme di investimento rischiose giungendo a prosciugare i risparmi di una vita.
Centralmente alla sala vi è “bandiere e rattoppi” una grande bandiera di juta che ho cucito personalmente a mano, con dei punti molto grossolani (durante la realizzazione ho pensato molto al medico militare ed artista Alberto Burri ed alle sue opere fatte con i sacchi), a voler richiamare la necessità di tenere unito questo Paese , al bisogno che ognuno di noi si adoperi a tenere insieme , senza lacerazioni quello che nel tempo è stato costruito con tanti sacrifici e sofferenze da chi ci ha preceduto .
Il quadro “Sorelle d’Italia” vuole essere un omaggio alle donne italiane che il 10 marzo del 1946, votavano per la prima volta, mentre il Paese provava a rialzarsi dopo il ventennio fascista. A tutte le donne di ieri, di oggi e di domani che meritano rispetto ed andrebbero sempre festeggiate per quello che fanno nella famiglia, nella società e nelle Istituzioni. La coccarda tricolore emblema dell’Italia a festa , macchiata di rosso a ricordo e monito dei tanti assurdi femminicidi che vengono compiuti nei confronti delle donne .
Segue poi l’opera “cementificazione” che con le striature profonde realizzate su un pannello di polistirolo ci dà l’idea di quanto sfregio e danno profondo abbiamo creato al territorio ed all’ ambiente con una scellerata opera di cementificazione che crea un notevole ed irreversibile danno ambientale ed ecologico.
Proseguendo c’è “opere incompiute “ dove il bianco del tricolore è posto fuori dalla sua posizione naturale ed in maniera sovrapposta a significare le troppe opere incompiute che si trovano nella nostra penisola che rappresentano non solo uno spreco enorme di risorse pubbliche ma costituiscono un danno all’intera collettività in termini di mancata fruizione e di aggravio di imposte e fiscalità . Lo stesso dicasi per l’opera centrale posta sul pavimento “cantieri infiniti” realizzata con delle stecche di legno e dei pezzi di juta su una base di polistirolo che è talmente espressivo già nel titolo per cui ritengo non necessita di ulteriori commenti. Segue poi “porta fortuna italiano”, composta da nr. 9 ferri di cavallo saldati e verniciati a mò di coppetta , colorati di verde, bianco e rosso, a cui ispirarsi anche nell’ambito delle scaramanzie di cui l’Italia è certamente un Paese in cui ne resistono molte. Ferri di cavallo saldati, come un talismano “portafortuna”, in un momento in cui al di la delle sub-culture e delle credenze popolari, c’è ne è veramente bisogno per tutti, quello di propiziare il destino o di fare il gesto rituale di: toccare ferro per scaramanzia.
Chiude infine la mostra l’installazione “focolare domestico” realizzato con pezzi di juta inseriti in una struttura di ferro ( campana) che serviva una volta a proteggere il braciere che veniva posto sotto di esso . Sistemata la base, una pedana circolare in legno, si infilava il braciere, nel foro centrale. Sulla pedana, a protezione del braciere, si appoggiava l’asciugapanni a forma di cupola in legno o in giunco, talvolta in ferro (come nella presente installazione), come una gabbia cilindrica con una faccia inferiore aperta che copriva il braciere, mentre da quella superiore s’irradiavano a stella i listelli di ferro che scendevano lungo i lati e incrociando quelli orizzontali concentrici, formavano una griglia a maglie larghe. Questo tipo di asciugapanni aveva una doppia funzione : al mattino poteva essere ricoperto da biancheria, fazzoletti ed altri panni messi lì ad asciugare. Nel pomeriggio, tolti i panni, si stendeva sopra una vecchia coperta di lana che cadeva giù fino a sfiorare la pedana : quando la famiglia era riunita, si stava seduti intorno al braciere, con i piedi appoggiati sulla pedana e la coperta poggiata sulle gambe, per non disperdere il dolce tepore. Le ore passavano così in quegli anni, in cui non c’erano i termosifoni e la tv nei paesini del Fortore era detenuta da poche famiglie. Le donne rammendavano, chi poteva leggeva un libro o una rivista ma la cosa più importante è che le persone della famiglia trovavano il tempo e la vicinanza per parlare guardandosi negli occhi. Si raccontavano storielle ai piccoli, episodi della guerra vissuti dagli anziani, si facevano solitari con le carte o lunghi pisolini favoriti dal tepore. Ricordi di un recente passato che nell’epoca di internet e delle tecnologie digitali sembrano lontanissimi, fatti di tepore, puzza di carbone, profumi di castagne o patate cotte sotto la cenere. Di persone che, riunite davanti ad un braciere o ad un camino, erano l’espressione più ardente e calorosa del senso vero della famiglia. Non solo tradizione ma necessità di riaffermare il valore della famiglia che da sempre e dovunque è il primo cardine della società.
Made in Italy, come sinonimo di Patria, come percorso sensoriale, come concetto sempre in costruzione, tra il rispetto per la tradizione che rappresenta la nostra millenaria cultura da tramandare e come realtà continuamente in creazione attimo per attimo da parte della collettività.
La mostra ha un carattere aperto, indefinito, non ha una vera e propria fine, in quanto di cose belle e brutte l’Italia ne ha tantissime e anche difficili da catalogare, ragione per cui si può sviluppare ed implementare nel tempo con altre opere in una specie di assemblaggio di pezzi in un gioco di costruzioni.
Ritengo che l’arte, in una accezione molto ampia, quale espressione del livello di civiltà raggiunto da una collettività, essendo grande veicolo di comunicazione, è chiamata a svolgere anche un ruolo motivazionale nella società per promuoverne lo sviluppo .