BANDIERE E RATTOPPI


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Autore: Leopapp Titolo dell’opera: BANDIERE E RATTOPPI Dimensioni: 65 X 240 cm. Anno di produzione: 2016 Tecnica Mista acrilico su sacchi di juta .

PROGETTO MOSTRA “ MADE IN ITALY”

L’idea della  mostra  Made in Italy, nasce nel 2015 in maniera  del tutto casuale, dall’incontro/ rinvenimento a Napoli  (in zona Fuorigrotta), quando vicino ad un  cassonetto dei rifiuti vidi questo busto  acefalo e dovetti fare a gara sul tempo con  altri soggetti stranieri  che lo avevano notato per impossessarmene prima di loro.  Successivamente scopri che  seppure privo di testa, aveva un nome scritto vicino alla base “Giulio Cesare” .  Fu questo l’incipit  per avviare questo progetto che spazia volutamente tra eterogenei  generi pittorici e tendenze   ed  ha  come matrice,  l’utilizzo della bandiera italiana con i suoi colori: verde, bianco e  rosso: vessillo  per decenni di  eccellenza,  di nobili valori  e tradizioni in ogni campo, riconosciuto a  livello mondiale .

Alla   cultura ed alla  storia  millenaria della nostra Penisola, le altre nazioni hanno sempre guardato con ammirazione ed interesse,  divenendo fattore di costante ispirazione. La figura dell’imperatore Giulio Cesare,  così come appare rappresentata, deturpata, mozzata, oltraggiata, vuole richiamare l’attenzione sulla centralità della tutela e cura del nostro patrimonio archeologico, storico, artistico e  culturale, fattore  che  da solo potrebbe costituire una enorme risorsa anche in termini economici per il sistema Paese e che non trova da parte della Polis  e delle Istituzioni adeguata tutela e promozione .

Cosi è nata l’idea di dare nuovo vigore  a questa patria a questo  Paese,  usando come rappresentazione esclusivamente il  tricolore,  la  nostra  bandiera che dovrebbe rappresentare una identità nazionale forte, decisa, convinta,  un made in Italy,.  fatto di eccellenze in tutti i campi, di bellezze uniche al mondo, che andrebbero solo  preservate e valorizzate.

Ulteriore filo conduttore è stato quello di scegliere di realizzare le opere esclusivamente con materiali riciclati, sacchi di  juta  che contenevano chicchi di  caffè ,  tele recuperate, materiali usati proprio a voler dare nuova vita e funzione agli stessi,  senza bisogno di consumare altri prodotti anche per una sorta di  spirito ecologista  che non guasta mai!!!

La mostra   si sviluppa con una serie di  quadri che  andrebbero uniti, assemblati insieme a comporre una unità territoriale una specie di  mari e monti  della nostra patria “tricolore a triangolo 1”  e  “tricolore a triangolo 2”   che ha il volto mutevole della montagna e del mare ed altri che andrebbero a comporre  una figura  femminile “tricolore donna pezzo sopra”  e “tricolore donna pezzo sotto”   simbolo della  madre Patria in un’accezione più arcaica .  Seguono poi  due tele  che appaiono vicine  ma che vanno tenute distinte “usurai & usurati”  rappresentate dai calchi delle impronte di colore realizzate dalle cravatte premute  sulla tela. Il tutto a  voler  distinguere chi  strozza prestando  denaro a tassi d’interesse più alti rispetto a quelli previsti dalla legge al soggetto che versa in difficoltà economica ma anche a rappresentare le tante situazioni in cui a volte le banche e gli istituti finanziari approfittano della loro posizione di egemonia  nei confronti dei loro clienti, hanno modo di truffarli proponendo  operazioni finanziare  poco trasparenti o forme di investimento rischiose   giungendo a  prosciugare  i  risparmi di una vita.

Centralmente   alla sala vi è “bandiere e rattoppi”  una  grande bandiera di juta che ho cucito personalmente a mano,   con dei punti molto grossolani  (durante la realizzazione  ho pensato molto  al medico militare ed artista  Alberto Burri  ed alle sue opere fatte con i sacchi),  a voler richiamare la necessità di tenere unito questo Paese , al bisogno che ognuno di noi si adoperi a  tenere insieme , senza lacerazioni quello  che nel tempo è stato costruito con tanti sacrifici e sofferenze da chi ci ha preceduto .

Il  quadro “Sorelle d’Italia”  vuole essere un omaggio alle donne  italiane che il  10 marzo del 1946, votavano per la prima volta, mentre il Paese provava  a rialzarsi dopo il  ventennio fascista.  A tutte le donne  di ieri, di oggi e di domani che meritano  rispetto ed andrebbero sempre festeggiate per quello che fanno nella famiglia, nella società e nelle Istituzioni. La coccarda tricolore emblema dell’Italia a festa , macchiata di rosso a ricordo e monito  dei  tanti assurdi  femminicidi  che  vengono compiuti  nei confronti delle donne .

Segue poi l’opera “cementificazione”  che  con  le striature profonde realizzate su  un pannello di polistirolo ci dà  l’idea di quanto sfregio e danno  profondo abbiamo creato al territorio ed all’ ambiente con una scellerata opera di cementificazione che crea un notevole ed irreversibile   danno ambientale ed ecologico.

Proseguendo c’è  “opere incompiute “ dove  il  bianco del  tricolore è posto  fuori dalla sua posizione naturale  ed in maniera sovrapposta a significare le troppe opere incompiute che si trovano nella nostra penisola che rappresentano non solo  uno spreco enorme  di risorse  pubbliche  ma costituiscono  un danno all’intera collettività in termini di mancata fruizione e di aggravio di imposte e fiscalità . Lo stesso dicasi per l’opera centrale posta sul pavimento “cantieri infiniti” realizzata con delle stecche di legno e dei pezzi di juta su una base di polistirolo  che è talmente espressivo già nel titolo per cui  ritengo  non necessita di ulteriori commenti. Segue poi “porta fortuna italiano”,  composta da  nr. 9 ferri di cavallo saldati e verniciati a mò  di coppetta ,  colorati di verde, bianco e  rosso, a cui ispirarsi anche nell’ambito delle scaramanzie di cui l’Italia è certamente un Paese in cui ne resistono molte.  Ferri  di cavallo saldati,  come un talismano   “portafortuna”,   in un momento in cui al di la delle  sub-culture  e delle credenze popolari, c’è ne è veramente bisogno per tutti,   quello di propiziare il destino o di fare il gesto rituale di:  toccare ferro per scaramanzia.

Chiude infine  la mostra l’installazione “focolare domestico” realizzato con pezzi di juta inseriti in una struttura di ferro ( campana)  che serviva  una volta a proteggere il braciere che veniva posto sotto di esso . Sistemata la base, una pedana circolare in legno, si infilava il braciere, nel foro centrale. Sulla pedana, a protezione del braciere, si appoggiava l’asciugapanni a forma di cupola in legno o in giunco, talvolta in ferro (come nella presente installazione), come una gabbia cilindrica con una faccia inferiore aperta che copriva il braciere, mentre da quella superiore s’irradiavano a stella i listelli di ferro che scendevano lungo i lati e  incrociando quelli orizzontali concentrici, formavano una griglia a maglie larghe. Questo  tipo di asciugapanni   aveva una doppia funzione : al mattino poteva essere ricoperto da biancheria, fazzoletti  ed altri panni  messi lì ad asciugare. Nel pomeriggio, tolti i panni, si stendeva sopra una  vecchia  coperta di lana che cadeva giù fino a sfiorare la  pedana :  quando la famiglia era riunita, si stava seduti intorno al braciere, con i piedi appoggiati sulla pedana  e la coperta poggiata sulle gambe, per non disperdere il dolce tepore.   Le ore passavano così in  quegli anni, in cui non c’erano i termosifoni e la tv nei paesini del Fortore era detenuta da poche famiglie. Le donne rammendavano, chi poteva leggeva un libro o una rivista ma la cosa più importante è che le persone della famiglia trovavano il tempo e la vicinanza per parlare guardandosi negli occhi. Si raccontavano storielle ai piccoli, episodi della guerra vissuti dagli anziani,   si facevano solitari con le carte o lunghi pisolini favoriti dal tepore.  Ricordi di un recente passato  che nell’epoca di internet e delle tecnologie digitali sembrano lontanissimi,  fatti di tepore, puzza  di carbone, profumi di castagne o patate cotte sotto la cenere. Di persone che,  riunite davanti ad un braciere o ad  un camino,  erano l’espressione più ardente e calorosa del  senso vero  della famiglia. Non solo tradizione ma necessità  di riaffermare il valore  della famiglia che da sempre e dovunque  è  il primo cardine della società.

Made in Italy,  come sinonimo di  Patria,   come percorso sensoriale, come concetto sempre in costruzione, tra il rispetto per la  tradizione che rappresenta la nostra millenaria cultura da tramandare  e  come realtà continuamente in creazione attimo per attimo  da parte della collettività.

La mostra  ha un carattere aperto, indefinito,  non ha una vera e propria fine, in quanto di cose belle e brutte  l’Italia ne ha tantissime e anche difficili da catalogare,  ragione per cui  si può sviluppare ed implementare nel tempo con altre opere in una specie di assemblaggio di pezzi  in un gioco di costruzioni.

Ritengo che l’arte,  in una accezione molto ampia,  quale espressione del livello di civiltà  raggiunto da una collettività,  essendo grande  veicolo di comunicazione,  è chiamata a  svolgere  anche un ruolo motivazionale  nella società  per promuoverne lo sviluppo .

LeoPapp